Quando si pensa all’arte digitale e all’arte generata dal computer si dimentica facilmente la sua natura di “artigianato digitale” che permette all’opera d’arte finale di essere un’opera d’arte. Maria Lai, in un’intervista, ha detto che il suo sogno più profondo sarebbe stato quello di far scrivere questa frase sugli ingressi delle scuole e dei musei “Non importa se non capisci, segui il ritmo”. L’opera di Emilio Vavarella è una traduzione poetica delle due frasi di cui sopra, dove l’immaginazione funziona come memoria, il bisogno antropologico dell’uomo di creare bellezza e i due regni (digitale e analogico) si collegano, collassano, creano. Questa presentazione tornerà alla codifica 1-0 (genetica, matematica, biologica, digitale) creando un black out fuori scala. Questa scorciatoia è quasi una linea piatta dalla quale la pittura preistorica nelle grotte raccolte e magicamente disposte davanti ai nostri occhi da Domingo Milella si presenterà. Queste immagini cariche dell’impossibilità che il tempo-spazio creato nel comprendere appieno il loro significato, saranno abbinate e ampliate con una serie di considerazioni intorno allo sviluppo dell’arte post-digitale che nasce da questa esigenza antropologica degli artisti (essendo essenzialmente umani) di creare, attraverso la ritualità e la gestualità (l’artigianato) un mondo di bellezza come strumento per organizzare e comprendere la vita stessa e ciò che sta nella vita che li circonda. L’intuizione prima della prassi è in realtà ciò che ha fatto dell’arte uno strumento progressivo per espandere le possibilità umane e ci ha spinto attraverso i millenni in un costante presente-futuro.