[…] E così il tessuto finale non è più solo il risultato di un processo tecnologico che viene da lontano, ma di un insieme di piccoli gesti carichi di emotività, di piccole incertezze, di cui Marinella, in un lento atto performativo, si fa portatrice.
La macchina, <<potenza ostile>>, e l’uomo – o meglio, la donna – si mettono in una condizione di scambio dialettico; dialogano producendo quei piccoli slittamenti necessari a mantenere una tensione emotiva perché dalla macchina, come avrebbe detto Carmelo Bene, non si sfugge mai e così quello che era inizialmente un processo determinato da scelte binarie torna ad essere un processo analogico e viceversa. Meglio ancora, un processo reversibile: il DNA è stato infatti codificato in modo tale che sia tecnicamente possibile decriptare il tessuto, che contiene l’intero codice genetico dell’artista, e ritornare un giorno al DNA stesso.